Chiesa di San Bartolomeo
Le origini della chiesa sono molto antiche e risalgono al periodo longobardo, quando il medico longobardo Gaidoald fece costruire un monastero benedettino dedicato a San Bartolomeo. L’edificio nella sua attuale struttura, con impianto basilicale a tre navate divise da colonne e senza transetto, fu ricostruito nel 1159 dall’Abate Bono. La porta di accesso centrale è sovrastata da un architrave scolpito che raffigura Cristo risorto che mostra le ferite ai discepoli e li invita a portare nel mondo il Vangelo, opera di Gruamonte o della sua bottega. Gli archi portano un rivestimento policromo con tarsie di marmo bianco e verde di Prato, secondo gli stilemi del romanico pistoiese.
All’interno si conservano i resti di un pulpito oggi parzialmente ricomposto al termine della navata sinistra. Le lastre della cassa, raffiguranti storie di Cristo dopo la sua morte, sono firmate da Guido da Como e datate 1250. Altri rilievi, raffiguranti le storie dell’Infanzia di Cristo, ma sempre attribuiti a Guido sono datati al 1239 e forse appartengono ad una più antica fase di lavorazione del pulpito.
Nel catino absidale è ancora visibile un grande affresco raffigurante Cristo in Maestà tra angeli, San Bartolomeo Apostolo e San Giovanni Battista, opera attribuita al pittore Manfredino da Pistoia. L’interno, piuttosto spoglio in conseguenza di un radicale restauro degli anni ’60, è impreziosito da numerosi dipinti seicenteschi appartenuti alla chiesa e al monastero annesso.
Pulpito di Guido da Como
Ricostruire un pulpito
Il compimento del pulpito di S. Bartolomeo risale al 1250 con la realizzazione delle Storie di Cristo risorto. Sono invece datate 1239 alcune scene a rilievo dell’infanzia di Cristo già parte del pulpito ma oggi collocate sulla parete adiacente.
Il pulpito ebbe funzione di cantoria fino al 1844, nel 1976 fu ricomposto e collocato dove si trova attualmente, ma né la disposizione dei pezzi, né la posizione attuale rispecchiano quelle originali. L’insieme, infatti, poggia su tre colonne e un quarto pilastro di cemento.
Dall’infanzia alla resurrezione
Agli angoli sono collocati due gruppi scultorei: a sinistra, la testa ghignante di Lucifero fa da piedistallo ai tre evangelisti Marco, Matteo e Luca, sormontati dall’aquila-leggio simbolo dell’evangelista Giovanni; a destra, l’apostolo Paolo e Timoteo e Tito suoi discepoli.
La parte centrale è costituita da quattro formelle a basso rilievo che rappresentano una tematica squisitamente pasquale:
- in alto a sinistra la discesa agli inferi del Cristo vincitore della morte, seguito dal Battista e da due re (Davide e Salomone?) che tende la mano ad Adamo ed ai giusti dell’Antico Testamento (Eva e Abele?). Sopra la scena si legge : Inferni portis stratis cum principe mortis / Extra portavit haec quae Deus ipse creavit.
- in basso a sinistra Gesù risorto nella veste di anonimo pellegrino si accompagna a due discepoli ed entra con loro nella taverna di Emmaus. Nell’iscrizione si legge: Iste peregrinus peram post dorsa ligatus / Missus divinus Jesus est, de Virgine natus.
- in alto a destra l’apparizione, la sera di Pasqua, ai discepoli chiusi nel Cenacolo. Nell’iscrizione soprastante è scritto: Panditur hic ante conspectum discipulorum, / Thoma distante qui nulli credit eorum.
- in basso a destra il Cristo risorto appare di nuovo ai discepoli e invita l’incredulo Tommaso a mettere le dita nel suo costato. Nell’iscrizione si legge: Discipulis edit se Christus et omnia credit / Thomas, cum tangit quibus os errantibus angit.